Beni confiscati: un protocollo per prevenire il rischio infiltrazione criminale nelle procedure di vendita dei beni aziendali
COMUNICATO STAMPA
In data 8 luglio 2021, il Procuratore Nazionale Antimafia, Dott. Federico Cafiero de Raho e il Direttore dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati, Prefetto Bruno Corda, hanno sottoscritto, presso la sede della Direzione Nazionale Antimafia (DNA), un Protocollo d’Intesa, volto a rafforzare l’attività di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali, con particolare riguardo alle ingerenze delle organizzazioni mafiose nelle procedure di affitto, vendita e liquidazione dei beni aziendali.
L’odierno accordo, che fa seguito a quello sottoscritto nel 2019, concernente le procedure di vendita dei beni immobili, completa la verifica antimafia relativa a tutti i beni confiscati che possano essere oggetto di vendita secondo quanto previsto dal Codice Antimafia.
E’, pertanto, finalizzato a consentire una approfondita analisi delle possibili criticità connesse al mantenimento da parte delle imprese confiscate delle posizioni di mercato antecedenti alla confisca, allo scopo di assicurare la continuità imprenditoriale e garantire i livelli occupazionali.
Tali finalità saranno perseguite attraverso la condivisione delle informazioni tra l’Agenzia e la DNA, la quale effettuerà un monitoraggio triennale teso a scongiurare il rischio che detti beni rientrino nella disponibilità della criminalità organizzata, vanificando così l’intervento dello Stato.
Detto monitoraggio si realizzerà attraverso una verifica antimafia rafforzata che si estenderà non solo agli assegnatari dei beni aziendali, al momento del loro trasferimento, ma anche a tutti quei soggetti che nel predetto arco temporale ne dovessero acquistare a loro volta la disponibilità.
Ciò in forza di un’apposita clausola risolutiva che – analogamente a quanto già previsto dal Codice Antimafia per i beni immobili – comporterà la caducazione degli atti di trasferimento, laddove dovessero emergere elementi ostativi tali da far supporre che il bene possa rientrare nella disponibilità, diretta o indiretta, delle mafie.